Italo Calvino racconta l’Orlando furioso
L’inizio
In principio c’è solo una fanciulla
che fugge per un bosco in sella al suo palafreno. Sapere chi sia importa sino a
un certo punto: è la protagonista d’un
poema rimasto incompiuto, che sta correndo per entrare in un poema appena
cominciato. Quelli di noi che ne sanno di più possono spiegare che si
tratta d’angelica principessa del Catai, venuta con tutti i suoi incantesimi in
mezzo ai paladini di Carlo Magno re di Francia, per farli innamorare e
ingelosire e così distoglierli dalla guerra contro i Mori d’Africa e di Spagna.
Intorno ad Angelica in fuga è un
vorticare di guerrieri che, accecati dal desiderio, dimenticano i sacri doveri
cavallereschi, e per troppa precipitazione continuano a girare a vuoto. La
prima impressione è che questi cavalieri non sappiano bene cosa vogliono: un
po’ inseguono, un po’ duellano, un po’ giravoltano, e sono sempre sul punto di
cambiare idea.
Prendiamo Ferraú: lo incontriamo
mentre sta cercando di ripescare l’elmo che gli è caduto in un fiume:
quand’ecco passa di lì Angelica, di cui egli è innamorato, inseguita da
Rinaldo; Ferraú smette di cercare l’elmo e duella con Rinaldo; nel bel mezzo
del duello, Rinaldo propone all’avversario di rimandare la contesa e
d’inseguire insieme la fuggitiva; Ferraú smette di duellare e si dà
all’inseguimento d’Angelica;, d’amore e d’accordo col rivale; perdutosi nel
bosco, si ritrova sulla riva del fiume dove gli era caduto l’elmo; interrompe
la ricerca d’Angelica e si rimette alla ricerca dell’elmo; dal fiume esce il
fantasma d’un guerriero da lui ucciso che rivendica l’elmo come sua proprietà
ed esorta Ferraú, se proprio vuol ornarsi d’un cimiero sopraffino, a
conquistarsi in battaglia l’elmo di Orlando; al che Ferraú lascia fiume, elmo e
fantasia e fuggitiva e si lancia alla ricerca d’Orlando.
Il meraviglioso della geografia
L’Orlando furioso è un’immensa
partita di scacchi che si gioca sulla carta geografica del mondo, una partita
smisurata, che si dirama in tante partite smisurate. La carta del mondo è
ben più varia d’una scacchiera, ma su di essa le mosse d’ogni personaggio si
susseguono secondo regole fisse come per i pezzi degli scacchi.
Se Olimpia è entrata in gioco come
una bella donna perseguitata da malvagità e sventure, la sua parte continuerà
ad essere quella della bella donna perseguitata da malvagità e sventure. Ora
che Orlando l’ha salvata, che il suo nemico più crudele è morto, che s’è
ricongiunta con l’uomo per cui era pronta a sacrificare la vita, dovrebbe
cominciare per lei la felicità; no, comincerà invece un’altra sequela di guai,
perché nella sua figura bellezza e disperazione non possono essere disgiunte.
Bireno, duca di Selandia, è un ben
indegno oggetto di così devoto amore: appena liberato mette subito gli occhi
addosso a una giovinetta, figlia del nemico ucciso, e simulando ipocritamente
un sentimento di pietà, la porta con sé sulla nave, col pretesto di darla in
moglie a suo fratello. La verità è che l’ingrato non vede l’ora di abbandonare
Olimpia in un’isola.
Bireno, sbarcato con Olimpia su
un’isola deserta nei pressi della Scozia, in piena notte, mentre la moglie
dorme più profondamente di un ghiro, sguscia fuori dalla tenda e si rimette in
mare in tutta fretta ma nel più assoluto silenzio, con il suo seguito. La bella
donna, rimasta abbandonata, dorme fino allo spuntar del sole. Ancora mezza
addormentata stende la mano per abbracciare Bireno, ma inutilmente.
In ogni canto dell’Orlando furioso
la mappa del mondo si dispiega tutta contemporaneamente sotto l’occhio del
lettore, e lo stesso sguardo abbraccia sullo scoglio scozzese Olimpia come
impietrita dal dolore e nelle Indie Ruggiero che fugge dai paradisi del piacere
a quelli della saggezza, da Alcina a Logistilla.
Nel regno di Logistilla, Ruggiero
ritorna in possesso dell’Ippogrifo, finalmente domato e obbediente al suo
comando. Sulla nostra scacchiera l’ippogrifo è un pezzo privilegiato: a chi lo
cavalca è permesso di sorvolare in una sola mossa continenti interi. Una
fantasiosa geografia d’Asia e d’Europa scorre sotto gli occhi di Ruggiero,
finché egli non decide di calare in Inghilterra, donde sta per partire un
esercito in soccorso di Carlo Magno assediato. Descrivere una sfilata delle
truppe d’Inghilterra, Scozia e Irlanda potrebbe ridursi a un arido elenco se
non fosse per la scommessa che il poeta fa con se stesso: riuscire a
italianizzare quanti più nomi inglesi può.
L’impresa
fonetica di Ariosto diventa una nuova imprevista avventura del poema.
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