Parlamento de Ruzante che ier vegnú de campo, Scena terza
Ruzante? Sei tu? Sei vivo ancora? Sei così stracciato, hai una tal brutta
cera... Non hai guadagnato niente, vero o no?
Ruz. Ma non ho guadagnato assai
per te, se ti ho portato la carcassa viva?
Gn. Oh, la carcassa! Mi hai ben
pasciuta. Vorrei che tu mi avessi preso qualche gonnella per me.
Ruz. Ma non è meglio che sia
tornato sano di ogni membro, così come sono?
Gn. Ma sì! Vorrei che tu mi
avessi preso qualcosa. Su, ora voglio andare, ché sono aspettata.
Ruz. Ma hai proprio una gran
fretta! Aspetta un po'.
Gn. Ma che vuoi che faccia qui,
se non hai niente da fare con me? Lasciami andare.
Ruz. Oh, canchero a quanto amore
ti ho mai portato! Ti vuoi subito andare a imbucare, e non pensi che io sono
venuto dal campo apposta per vederti.
Gn. E ora non mi hai veduta?
Non vorrei, a dirti il vero, che tu mi rovinassi, ché ho uno che mi fa del
bene, io. Non si trovano mica ogni giorno di queste fortune.
Ruz. Poh, ti fa del bene! Te l'ho
pur fatto anch'io. Non ti ho mai fatto del male, come sai. Quello non ti vuole
certo tanto bene come ti voglio io.
Gn. Ruzante, sai chi mi vuol
bene? Chi me lo mostra.
Ruz. Ma sì, come se io non te
l'avessi mai mostrato...
Gn. Che mi fa che tu me l'abbia mostrato, e che
non me lo possa mostrare adesso? Perché adesso ne ho anche bisogno. Non sai che
ogni giorno si mangia? Se mi bastasse un pasto all'anno, potresti parlare. Ma
bisogna che mangi ogni giorno, e perciò bisognerebbe che tu me lo potessi
mostrare anche adesso, perché adesso ne ho bisogno.
Ruz. Oh, ma si deve pur fare
differenza tra uomo e uomo. Io, come sai, sono uomo dabbene e uomo compito...
Gn. Sicura che la faccio! Ma
c'è anche differenza tra star bene e star male. Senti, Ruzante: se io sapessi
che tu mi puoi mantenere - che mi fa a me? - ti vorrei bene, io, intendi? Ma
quando penso che sei un poveruomo, io non ti posso vedere. Non che voglia male
a te, ma voglio male alla tua disgrazia; ché ti vorrei vedere ricco, io, acciò
che stessimo bene, io e te.
Ruz. Ma se sono povero, sono almeno leale...
Gn. E che me ne faccio, io, delle
tue lealtà, se non me le puoi mostrare? Che vuoi darmi? Qualche pidocchio,
forse?
Ruz. Ma sai pure che, se avessi,
ti darei, come ti ho già dato. Vuoi che vada a rubare e a farmi impiccare? Mi
consiglieresti così?
Gn. E tu vuoi che viva d'aria,
e stia qua a sperare in te, e che muoia all'ospedale? Non sei mica un buon
compagno, in fede mia, Ruzante! Mi consiglieresti così, tu?
Ruz. Ma io ho una gran passione
per te, io spasimo. Ma non hai pietà?
Gn. E io ho invece una gran
paura di morire di fame, e tu non ci pensi. Ma non hai coscienza? Ci vuol altro
che vendere radicchio o borragine! Come faccio, in fede mia, a vivere?
Ruz. Ma se tu mi abbandoni,
morirò d'amore. Muoio, ti dico che spasimo...
Gn. E a me l'amore m'è andato
via, per te, pensando che non hai guadagnato come dicevi.
Ruz. Hai ben paura che [la roba]
ci manchi. Non manca mai, [se si va] a rubare...
Gn. Eh sì, hai proprio un gran
cuore, e triste gambe. Non vedo niente, io.
Ruz. Ma sono appena arrivato
qui...
Gn. Ma sono pur quattro mesi
che tu partisti.
Ruz. E sono anche quattro mesi
che non ti ho dato fastidio.
Gn. Ma non è mica abbastanza
questo che mi dài adesso, a vederti così miserabile? E poi sempre ne ho avuto,
perché me lo immaginavo, io, che sarebbe andata così, che saresti tornato
furfante.
Ruz. Ma è stato per mia
disgrazia...
Gn. E portane anche la
penitenza, tu. Vuoi che la porti io, vero, compagnone? Ti sembrerebbe giusto?
Credo proprio di no.
Ruz. Ma non ne ho già colpa io...
Gn. Ma sì, l'ho io, Ruzante!
Chi non si mette a rischio, non guadagna. Io non credo che tu ti sia cacciato
troppo avanti per guadagnare; ché ti si vedrebbe pure qualche segno. Se Dio
m'aiuta, [giurerei che] tu non sei nemmeno stato al campo. Tu sei stato in
qualche ospedale. Non vedi che hai fatto la cera del furfante?
Men. Vedete, compare, se è come
vi dico io? Poi dite voi di [non] avere il viso tagliato o sfregiato. Non
sarebbe stato meglio per voi? Così lei crederebbe che foste stato soldato e
valoroso.
Gn. Compare, vorrei piuttosto
che avesse perso un braccio o una gamba, o [che gli fosse stato] cavato un
occhio, o tagliato il naso, e che si vedesse che fosse stato avanti da
valentuomo, e che l'avesse fatto per guadagnare, o per amore mio - intendete,
compare? Non che io lo faccia, compare - intendete? - per la roba; ché a me [la
roba] - intendete? - non può mancare. Ma perché pare che lui abbia fatto poco
conto di me, che sia stato poltrone e si sia portato da poltrone, intendete? Mi
promise di guadagnare o di morire, e invece è tornato come vedete. Non che io volessi,
compare, che avesse del male. Ma chi crederebbe che fosse stato al campo?
Men. V'intendo, comare. In nome
di Dio, avete ragione. Glielo ho detto anch'io. Voi vorreste un segno che fosse
stato avanti: almeno, così, una graffiatura...
Gn. Sì, che potesse dire e
mostrarmi: "Ho questa per amor tuo".
Ruz. Oh, in malora la roba e chi
mai la fece!
Gn. Oh, in malora i dappoco e i
traditori senza fede! Che mi avevi promesso?
Ruz. Ti dico che sono stato
disgraziato.
Gn. Ora sì, Dio m'aiuti, che
dici il vero. E io ora, che sto bene e che non sono disgraziata, per non
diventare disgraziata, non voglio più impicciarmi con te. E fa' i fatti tuoi,
che io farò i miei... Oh, peste! Vedi appunto il mio uomo. Lasciami andare.
Ruz. Me ne infischio del tuo
uomo! Non conosco altro tuo uomo al mondo che me.
Gn. Lasciami andare,
disgraziato, buono a niente, furfante, pidocchioso!
Ruz. Vieni con me, ti dico che mi
farai... Non mi fare infuriare! Tu non mi conosci: non sono più [tipo] da
lasciarmi menare per il naso, come facevi.
Men. Comare, andate via, che non
vi ammazzerà.
Gn. Vada a ammazzare i pidocchi
che ha addosso!
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